Trekking urbano

Vademecum per scoprire Borgo Sant’Antonio.

Una passeggiata nella storia e nelle tradizioni della città

Vi proponiamo una passeggiata per l’antico Borgo di Sant’Antonio, nel rione di Porta Sole.

Come si può vedere dalla mappa, ubicata ad inizio via, ci troviamo su una collina a dorso d’asino, appena fuori le possenti mura etrusche, circondata da scoscessi Fossi (Fosso del Bulagaio e Fosso di Santa Margherita). I borghi si erano venuti formando fuori della cinta antica verso la metà del secolo XI a seguito dell’inurbamento degli abitanti del contado. Solo nel XIII secolo i Borghi vengono cinti da mura e forniti di Porte di accesso alla città.

Nel Borgo si entra attraverso la Porta de’ Tei. L’arco risale al Trecento, anche se l’ubicazione di una porta in questo luogo è probabilmente di data anteriore. I Tei erano una famiglia gentilizia del borgo, che si distinsero insieme ai Ranieri ed ai Signorelli nella difesa del Rione dall’attacco portato alle mura da Francesco Maria della Rovere e da Orazio Baglioni nel 1519.

Ci si trova così in Corso Bersaglieri, chiamato anticamente Via Sant’Antonio, perché era la strada che portava alla sede della confraternita e alla chiesa dedicate al santo. Si chiamò Corso Bersaglieri nel 1860 quando fecero il loro ingresso nel borgo i bersaglieri, liberando la città «dal triste dominio dei papi», come si può leggere tuttora nella lapide affissa sulla Porta di Sant’Antonio.

Visita ai Presepi e al giardino del civ. 30 di Corso Bersaglieri.

Entrando nei locali a volta in mattoni dell’edificio si possono ammiarare due bellissimi presepi che fanno parte della mostra permanente che ormai da molti anni si tiene lungo la via del Borgo.

In particolare il Presepe antico, realizzato nell’800, è composto da statuine che riproducono fedelmente i volti degli abitanti di Assisi di quel periodo, intenti a svolgere i loro mestieri.

Sempre all’interno (non visitabile) si trova un’antico locale di forma circolare con volta in mattoni la cui funzione potrebbe essere stata quella di raccolta dell’acqua. Una delle caratteristiche del Borgo è infatti la presenza di numerosissimi pozzi e cisterne.

All’esterno, si possono vedere le possenti mura medievali realizzate in travertino (cava di Santa Sabina), arenaria (cave neidintorni di Ponte Valleceppi) e pietra viva (cave di Monte Malbe e Monte Tezio). Alzando lo sguardo verso Porta Sole si possono ammirare i campanili di Santa Maria Nuova (su progetto dell’Alessi) e di San Severo (dove si trova l’affresco realizzato dal Perugino e da Raffaello).

Lungo la via, sulla destra  è visibile una piccola edicola con un’immagine della Madonna in cartapesta, risalente ai primi anni dell’800, caratteristica testimonianza di fede degli abitanti del Borgo.

Al numero 33 di Corso Bersaglieri è L’Oratorio della Confraternita di san Giovanni Battista. La confraternita ebbe la sua fondazione nel 1570 circa. Nel 1617 la confraternita comperò una casa in Borgo Sant’Antonio e lì costruì un oratorio. Nell’oratorio erano conservate alcune tele, fra cui «La Natività di San Giovanni Battista» di Gianfranco Bassotti, pittore perugino del Seicento.

Il complesso è stato recentemente ristrutturato per farne una Casa di accoglienza per persone bisognose.

Al numero 49 vi è la sede dell’Associazione BORGO SANT’ANTONIO PORTA PESA, all’interno dei locali si possono vedere un pozzo medievale profondo 19 metri e le tipiche volte a botte di mattoni che ritroviamo nella maggior parte delle costruzioni del Borgo. 

Proseguendo per Corso Bersaglieri ai numeri 90-92 ci si trova di fronte la facciata dell’Oratorio di sant’Antonio Abate. La confraternita di Sant’Antonio Abate fu una delle prime istituite a Perugia. Le sue origini risalgono al secolo XIII e fu fondata probabilmente da una compagnia di Disciplinati. L’oratorio assunse la forma attuale all’inizio del secolo XVI e fu restaurato nel XVIII secolo. E’ decorato di ornati di Nicola Giuli e di figure di Francesco Appiani. Le decorazioni del 1735 sono realizzate con la tecnica atempera (guazzo). L’interno dell’Oratorio – come si può vedere dalla piantina – era composto da più locali per accogliere i bisognosi di cure e i viandanti. In uno di questi locali vi era un camino cinquecentesco in pietra serena scolpito con lo stemma della confraternita, di cui si è persa traccia; mentre si trova nel deposito della Galleria Nazionale dell’Umbria, dove è custodito, lo stendardo della confraternita dipinto su tela, datato e firmato da Sinibaldo Ibi nel 1512. Esso raffigura Sant’Antonio Abate con due fedeli che indossano la cappa della confraternita.

L’Oratorio è stato restaurato dall’Associazione, grazie al contributo della Fondazione Perugia e all’intervento dell’Istituto Palazzo Spinelli di Firenze.


Sant’Antonio abate. Vita

Nasce verso il 250 da una agiata famiglia di agricoltori nel villaggio di Coma, attuale Qumans in Egitto. Attratto dalla vita degli anacoreti, dediti alla preghiera e al lavoro, decise di adottare uno stile di vita penitente e senza distrazioni.

Liberatosi da tutti i beni materiali, ricoperto da un ruvido panno, si ritira in un’antica tomba scavata nella roccia di una collina, intorno al villaggio natale.

Scoperto dai suoi concittadini, che come tutti i cristiani di quei tempi, affluivano presso gli anacoreti per riceverne consiglio, aiuto, consolazione, ma nello stesso tempo turbavano la loro solitudine e raccoglimento, Antonio si spostò più lontano verso il Mar Rosso, sulle montagne del Pispir e poi nel deserto della Tebaide, dove morì a 106 anni, il 17 gennaio del 356 e fu seppellito in un luogo segreto.

Nella sua vita si sottopose a dure prove per resistere alle tentazioni del demonio; è considerato il fondatore del monachesimo occidentale 

L’Ordine ospedaliero degli Antoniani

Nel 561 fu scoperto il suo sepolcro e le reliquie cominciarono un lungo viaggiare nel tempo e nello spazio, da Alessandria a Costantinopoli, fino ad arrivare in Francia, nell’XI secolo, a Motte-Saint-Didier, dove fu costruita una chiesa in suo onore. In questa chiesa affluivano a venerarne le reliquie folle di malati, soprattutto affetti da ergotismo canceroso, causato dall’avvelenamento di un fungo presente nella segale, usata per fare il pane. Il morbo, oggi scientificamente noto come herpes zoster, era conosciuto sin dall’antichità come “ignis sacer” (“fuoco sacro”) per il bruciore che provocava. Per ospitare tutti gli ammalati che giungevano, si costruì un ospedale e venne fondata una confraternita di religiosi, l’antico ordine ospedaliero degli ‘Antoniani’; il villaggio prese il nome di Saint-Antoine de Viennois.

I simboli iconografici

Il Papa accordò agli Antoniani il privilegio di allevare maiali per uso proprio e a spese della comunità, per cui i porcellini potevano circolare liberamente fra cortili e strade; nessuno li toccava se portavano una campanella di riconoscimento.
Il loro grasso veniva usato per curare l’ergotismo, che venne chiamato “il male di s. Antonio” e poi “fuoco di s. Antonio”. Per questo motivo, nella religiosità popolare, il maiale cominciò ad essere associato al grande eremita egiziano, poi considerato il santo patrono dei maiali e per estensione di tutti gli animali domestici e della stalla.

Nella sua iconografia compare oltre al maialino con la campanella, anche il bastone degli eremiti a forma di T, la “tau” ultima lettera dell’alfabeto ebraico e quindi allusione alle cose ultime e al destino.
Una leggenda popolare, che collega i suoi attributi iconografici, narra che sant’Antonio si recò all’inferno, per contendere l’anima di alcuni morti al diavolo. Mentre il suo maialino, sgattaiolato dentro, creava scompiglio fra i demoni, lui accese col fuoco infernale il suo bastone a forma di “tau” e lo portò fuori insieme al maialino recuperato: donò il fuoco all’umanità, accendendo una catasta di legna.


A lato dell’Oratorio si apre via del cane che conduce alle mura medievali. L’aspetto originario delle mura è stato notevolmente modificato, poichè molti sono stati i restauri ed i danni subiti nei secoli XVI-XIX. Sono state denudate di merli, guardiole e parapetti.

Le mura di Borgo Sant’Antonio subirono un grosso cambiamento nel 1373/1375, quando Gherardo Dupuy, detto l’Abate di Monmaggiore, fece collegare con un corridoio la Cittadella di Porta Sole con il Cassero di Sant’Antonio. Il corridoio scendeva dal colle di Porta Sole; con una grande arcata attraversava Via Muzia (l’attuale Via Pinturicchio), poi si appoggiava su un pilastro entro il convento di S. Tommaso (sempre in Via Pinturicchio); continuava entro il convento stesso e proseguiva sulle mura esterne del borgo. Gli speroni di rinforzo sono ancora visibili negli orti lungo Via del Cane. 

Questo corridoio venne descritto nel «Diario del Graziani»: 

“…ll quale signore fece fare un’ala che andava dalla sopradetta cittadella al cassero di Sant’Antonio, sopra la quale era un andavieni largo più di 10 piedi (m. 3,55 circa), tutto merlato, pettoreggiato e atto alla difesa…” 

Poi dall’Ammirato: 

“…dall’una di queste fortezze all’altra aveva sopra archi gittato una via coperta cosi larga che v’andavano agiatamente quattro uomini a cavallo perché l’un fortezza si potesse soccorrer con l’altra.” 

Il corridoio fu distrutto in parte durante la rivolta del 1375 e in modo completo dopo la cacciata dell’abate dalla città. Le muraglie di Porta Sant’Antonio vennero di nuovo restaurate e rinforzate nel 1519 durante la guerra con Francesco della Rovere di Urbino.

Tra le mura medievali e le case sono ancora presenti gli “orti medievali” poi “orti di guerra” che servivano al sostentamento delle famiglie del Borgo.

Dal punto panoramico fuori le mura si può ammirare uno squarcio della città (con le mura delle Prome) e di Borgo sant’Angelo oltre che il verde paesaggio che si apre sotto il ripido Fosso del Bulagaio.

Consigliata una sosta sulla panchina delle api, posta nelle vicinanze dell’apiario didattico del Borgo e del giardino delle piante aromatiche.

Proseguendo ancora lungo le mura medievali arriviamo ai resti del Cassero di Sant’Antonio e alla Porta Il cassero fece parte di un complesso di fortezze. Gregorio XI autorizzò il progetto, e l’architetto Gattapone di Gubbio venne incaricato per il disegno del complesso difensivo. Il cardinale Gomez Albornoz, ebbe l’incarico dal pontefice di «governatore per le opere belliche. Non meno importante fu Gherardo Dupuy, l’abate di Monmaggiore, diventato vicario della città. L’odio dei perugini nei confronti del governo del Monmaggiore sfociò nel gennaio del 1376 nella parziale demolizione della fortezza, furono risparmiati tratti di mura e la porta di Sant’Antonio, che tornò ad essere semplicemente una porta del borgo. 

“…le furono ben levati tutti li corridori, tutti i ponti, le fosse, le mura; le case di habitare furono in buona parte lasciate in piedi ma però in maniera, che non potevano più servire come luogo forte. ” 

Ricostruzione della Cittadella di Porta Sole, del corridore e del Cassero di Sant’Antonio
Ricostruzione del Cassero di Sant’Antonio

Il Cassero fu ancora scaricato nell’anno 1424. 

Le muraglie in cotto che vediamo ancora oggi furono ricostruite, anche sopra i ruderi delle mura del Cassero, come difesa contro gli attacchi del duca d’Urbino nel 1519.

Da questa Porta entrarono il 14 settembre 1860 i Bersaglier per liberare la 

Due curiosità. Passando sotto la Porta possiamo notare come questa abbia la faccia esterna rivolta all’interno del Borgo. Infatti, da questa porta si entrava nel Cassero, per poi uscirne da una seconda Porta detta di San Giorgio, andata distrutta insieme alla Fortezza.

Da una porticina segreta del Cassero fuggì l’odiato abate Monmaggiare, da qui entrò Papa Paolo III Farnese per sottomettere Perugia al dominio pontificio (vedi la costruzione della Rocca paolina nel 1540), sempre da qui entrarono i Bersaglieri per liberare la città e unirla all’Italia.

Ritornando indietro su Corso Bersaglieri si raggiunge una piccola piazzetta si trova un porcellino in pietra (simbolo di Sant’Antonio) appoggiato su un frammento di una colonna scanalata, forse romana

Curiosità: è tradizione che toccare il porcellino in pietra, fuori la chiesa di Sant’Antonio, porti bene.

Poco sotto la piazzetta è la chiesa di sant’Antonio Abate.  La prima notizia della chiesa di Sant’Antonio Abate è nel diploma di Federico II del 1163. Venne nominata insieme alle altre chiese perugine come dipendente dalla cattedrale. Nel sec. XV vi si stabilirono i religiosi canonici regolari dell’ordine di Sant’Antonio. Nel 1624 subentrarono i monaci olivetanai provenienti dal monastero di San Secondo dell’isola Polvese del lago Trasimeno. Il monastero fu ampliato nel 1785, a testimonianza del loro stanziamento si può ancora notare sopra il portale d’ingresso lungo il Corso Bersaglieri lo stemma degli Olivetani con i tre monti e l’ulivo. 

Nel 1831 Gli Olivetani si tasferirono nella nuova e grande sede di Montemorcino nuovo e la chiesa fu ceduta ai Monaci Camaldolesi ed infine tornò al Clero secolare. Il monastero, dopo l’abbandono dei monaci, fu adibito ad abitazioni civili.

All’interno si trovano due altari ornati di stucchi; nell’altare sinistro della navata, è una tela con l’immagine di S. Antonio Abbate del pittore perugino Paolo Gismondi del XVII; nell’altare destro è una tela di Benedetto Bandiera (XVII) interpretabile come Santa Francesca romana.

Nella zona presbiteriale sono quattro tele con i Quattro Evangelisti del Carloni (XVII), prossime al restauro e una lunetta raffigurante “L’Eterno benedicente”, forse appartenuto alla tavola Madonna e Santi, dipinta per l’altare della chiesa di S. Secondo all’ lsola Polvese, firmata da Sinibaldo Ibi (1524).

La parete dell’altare e la volta sono state dipinte del pittore futurista Gerardo Dottori nel 1946. 

L’organo, costruito nel 1655, è opera del pisano Michele Buti e del perugino Angelo Mattioli.

Interessante è la statua quattrocentesca in legno di Sant’Antonio, che originariamente era collocata in una cappella esterna alla chiesa.

In Sagrestia è visitabile il Grande Presepe del Borgo che rappresenta il cammino che l’uomo deve percorrere per avvicinarsi a Dio: dal deserto fino alla Capanna della Natività.

Ritornando indietro in Corso Bersaglieri, subito dopo la chiesa di Sant’Antonio, si può girare a sinistra in via del Pasticcio, caratteristica strada del Borgo, e aggirarsi tra i vicoli del Borgo (via del Sacco, via della Campana, via della Formica) che si ricongiungono con la via principale.

Giunti a Porta Pesa – vedi bacheca posta sulla Piazza con le foto dell’archivio Alinari – si può osservare come lo slargo facesse parte delle barriere daziarie della città (erano in tutto 5 barriere: Pesa, Santa Margherita, due a Santa Croce, Elce di sopra), fatte costruire nell’800. Il nome Pesa deriva dalla grande bascula dove si pesavano i carichi dei carri che entravano in città.

Ulteriori informazioni:

Durata della passeggiata: dai 30 ai 60 minuti.

Pendenza: dislivello dolce, adatto a tutti

Soste consigliate: fontanelle di via del cane e di Porta sant’Antonio, panchina panoramica delle api in Viale Sant’Antonio, spazio verde alberato con panchina di Porta Sant’Antonio

Vuoi essere un benefattore?

Se vuoi dare il tuo contributo per salvare il patrimonio artistico del Borgo ed iscrivere il tuo nome nell’Albo dei Santantoniari puoi contattare l’Associazione all’indirizzo sotto riportato.

BORGO SANT’ANTONIO PORTA PESA APS

Corso Bersaglieri, 49 – Perugia

quiquartiere@borgosantantonio.com